A. C. , Storia di un ragazzo ancora vivo.

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Puoi avere la fiducia di un bambino e la disillusione di un vecchio, ma se chiedi con gioia, certamente troverai un amico. 

Spettabile redazione, caro Pieraldo,

è con animo dignitoso e lieve che mi appresto a raccontarti la storia di un uomo abbandonato alle sue disavventure e della nostra amicizia sincera, che da ora in poi, per privacy chiameremo (A.).

Tutto nasce una mattina di circa tre mesi fa, quando, davanti alla vetrina del mio negozio, si ferma un ragazzo minuto e bruno, fragile nell’aspetto ma segnato da un passato duro, tatuato sulla pelle capitolo per capitolo.  (A.) mi chiede un’ informazione  ma capisco subito che un’ ultima scintilla di vita lo lega a questa esistenza.  Qualcuno può pensare che il mio sia un istinto da crocerossina, in realtà, provo infinita gratitudine per la vita che conduco, e amo condividere la mia felicità con gli altri. Io sono grata alla mia vita. Gratitudine è memoria del passato, condivisione del presente, seme per il futuro. Tagliente, chiedo ad (A.) se vuole entrare in comunità e lui risponde di si,  che vorrebbe davvero, ma non riesce. Mi chiede aiuto. (A.) è un ragazzo con 30 anni di tossicodipendenza, tre interventi di recupero falliti e si trova più o meno per caso, assegnato ad una casa famiglia con un programma di riabilitazione sul quale non mi esprimo. (A.) è stato espulso da questa casa famiglia, e da tre mesi è per strada. Le case famiglia si chiamano così,  ma poi ti capita di vederle come un calderone no sense, dove giorno per giorno, tante anime stipate, sedimentano ricordi e speranze. Così (A.), entra in una specie di flipper nel quale lui è pallina che rimbalza da una sponda all’altra in attesa di essere inghiottita. Le condizioni fisiche di (A.) si aggravano, così come la sua dipendenza.  (A.) si reca al Sert, ma invano chiede di entrare in comunità. Stasera, mentre scrivo nel nido caldo e sicuro che è la mia casa, immagino (A.) dormire a terra, nei pressi della stazione del suo paese ove ha fatto ritorno. Mi chiedo, con un piglio di rabbia, se nell’epoca del fascicolo sanitario elettronico, si debba tornare al proprio paese per chiedere aiuto. E si, perché a Manduria nessuno lo ha aiutato, nessuno lo ha mai visto qui. Poi quella rabbia si trasforma in pacatezza, saggezza e gioia.  Caro (A.), tu non hai scelto una vita comoda, e forse neanche io, perché stasera sento il freddo che provi nelle mie ossa, stasera ho compassione, cioè condivido con il tuo stesso pathos. (A), non avere vergogna, così come non ne ho io; piuttosto aspetta e spera ad ogni treno che si ferma, uno sarà il tuo treno, puoi starne certo, amico mio, io nel frattempo compro tutti i biglietti che trovo per farti salire. 

Paola Silvia Andrisano

🆘𝐂𝐎𝐍𝐃𝐈𝐕𝐈𝐃𝐈𝐋𝐎 𝐒𝐔⤵️
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